Le donne in pensione come gli uomini a 62 anni di età.
La riforma, secondo me, dovrebbe prevedere la scelta da parte delle donne, di decidere autonomamente se andare in pensione dai 60 anni ai 67 o con i 40 anni di contribuzione, non deve essere una imposizione.
In un mondo che è sempre maschilista, bisognerebbe tutelare di più le donne.
Non è vero che siamo uguali, pensiamo solo ai lavori che una donna deve fare al termine delle ore lavorative: la mamma e la moglie.
E’ vero che non tutte le donne sono mamme e mogli ed è proprio per questo che devono avere la possibilità di scegliere.
E’ vero anche che la maternità non è tutelata nella stessa maniera tra chi lavora nel pubblico e nel privato…si dovrebbe provvedere a renderle il più simili possibili e non solo sulla carta ma sui fatti. Si dovrebbero verificare i controlli nei confronti dei datori di lavoro che fanno firmare preventivamente dei documenti che penalizzano, fino al licenziamento, le donne che rimangono in stato interessante entro un certo periodo di tempo dalla assunzione…così come d’ altra parte bisognerebbe verificare se una donna in dolce attesa, deve rimanere a casa dal lavoro perché la maternità è veramente a rischio.
E’ vero che se ci dobbiamo confrontare con Danimarca, Islanda, Norvegia, Inghilterra, Germania e America siamo nettamente penalizzati: là in quei paesi si discute per arrivare ai 67 anni.
Come senso civico noi siamo lontani anni luce da questi paesi e non sarà certo l’ aumento dell’ età pensionabile a renderci più simili.
La serietà, il senso morale e civico devono essere insegnati alle generazioni più piccole, e l’ esempio che noi più grandi daremo sarà significativo sui comportamenti.
Consoliamoci con i 180 milioni di euro che i nostri poveri politici si divideranno come contributi dei rimborsi elettorali e delle fatiche che hanno fatto durante la campagna elettorale del 2008.
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1 anno fa
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